I numeri nella loro simbologia parlano sempre in maniera chiara e apodittica. E contengono sempre verità incontrovertibili. Ed i numeri del commercio elettronico e, soprattutto quello del Mobile commerce (cioè dell’acquisto tramite smartphone), sono impressionanti nella loro crescita, la quale è diventata esponenziale in questi ultimi mesi a causa soprattutto dalla quarantena in cui gran parte del mondo è sottoposto.

Nel 2019 il valore del Mobile commerce è stato in Italia di 12 miliardi di euro pari al 40% del valore dell’e-commerce. Nel 2020 le previsioni dicono che supererà il 50%.

Dall’inizio del 2020 ad oggi sono 2 milioni i nuovi consumatori online in Italia (in tutto 29 milioni).

L’e-commerce è dunque il settore che crescerà di più (fino al +55%) a livello mondiale con l’impatto del Covid-19, seguito da modern food retail (fino al +23%) e vendita all’ingrosso di prodotti farmaceutici (fino al +15%).

A registrare l’incremento maggiore nelle vendite on line, da fine febbraio a metà aprile, è il pet care (+154%); seguito da cibi freschi e confezionati (+130%); prodotti per la cura della casa (+126%) e della persona (+93%).

Il Click&Collect, ovvero la possibilità di ordinare online un prodotto e di ritirarlo in negozio da parte del cliente, ha registrato una crescita del 349% e ci aspettiamo che nei prossimi mesi diventerà un’abitudine sempre più consolidata, poiché consente flessibilità, adattamento alle esigenze di mobilità e, soprattutto, distanziamento sociale

Da questo non si tornerà indietro.

Ed il retail fisico scomparirà?

NO!

Semmai è già tramontato un certo modo di proporlo. Gli store fisici hanno delle peculiarità, necessarie per il consumatore contemporaneo e complementari al canale Mobile commerce. Pertanto, bisogna sviluppare un modello che pone al centro l’integrazione a 360° tra il commercio fisico e quello digitale.

Alla ripresa questo modello resterà la stella polare per qualsiasi retailer, ma ci saranno delle nuove dinamiche, che introdurranno qualche cambiamento al paradigma. In alcuni casi si tratterà di un consolidamento di tendenze già riscontrate, in altri di nuovi stimoli per ripensare la propria value proposition e/o i rispettivi business model.

Ci può essere spazio per applicazioni che sfruttano sempre di più la digitalizzazione degli store, creando customer journey alternative. Esperienze ibride a cavallo tra una tradizionale visita in un negozio e una sessione di e-commerce.

Facciamo un esempio

Pensiamo alla signora che si recava sempre nella sua profumeria di fiducia per acquistare una crema e che oggi non può più farlo a causa della quarantena.

Certo, la può acquistare online, magari sul sito della stessa catena in cui si reca abitualmente. Ma non è la stessa cosa, non c’è quella parte umana che per lei fa la differenza, mancherebbe quella componente relazionale e consulenziale fondamentale.

Si, è vero, magari può chiedere aiuto al chatbot messo a disposizione, ma l’empatia non è codificabile in un linguaggio di programmazione.

Così domani potremo avere la possibilità di aprire l’app della nostra catena di fiducia e, invece di acquistare direttamente online, potremo avviare una video call con il nostro punto vendita di fiducia, fare due chiacchiere, vedere le novità più interessanti e perché no, concludere anche un acquisto con un clic. I negozi quindi si potranno attrezzare per le visite online, affiancate a quelle tradizionali.

L’impatto positivo avverrebbe anche sui business model, che si arricchirebbero di nuove fonti di ricavo. In queste settimane abbiamo già avuto una grossa diffusione di consulenze a distanza, coaching e quant’altro, che saranno definitivamente integrate nell’offerta dei retailer.

Lo store che quindi diventa anche una sorta di hub consulenziale, connesso alla rete negli orari di apertura. Un modo per ottimizzare gli investimenti sul canale fisico, oltre che per garantire la possibilità di imputare al singolo negozio vendite realizzate a distanza.



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